La Legge Fallimentare prevede la possibilità di soddisfare anche in misura solo parziale i creditori muniti di pegno, ipoteca o privilegio generale o speciale nel caso in cui il valore di mercato del bene oggetto della prelazione sia inferiore al credito stesso. Per appurare ciò, l’art. 160 secondo comma L.F. prevede una relazione giurata di un professionista, avente i requisiti di cui all’art. 28 lett. a) e b) L.F., che individui il valore di mercato effettivamente realizzabile dalla liquidazione dei beni e dei diritti oggetto di prelazione. Ciò al fine di poter offrire sia ai creditori sia al Tribunale un attendibile parametro per valutare il rispetto del principio secondo cui ai prelatizi è comunque assicurato un trattamento non deteriore rispetto a quello ipotizzabile in caso di fallimento.
Oggetto dell’attestazione ex art. 160 secondo comma L.F. è la determinazione del valore netto di realizzo dei beni e dei diritti su cui grava la prelazione dei creditori falcidiati. A tal fine dovranno essere dedotti dal presumibile ricavo lordo le spese specifiche inerenti la vendita come ad esempio le spese di perizia, di cancellazione delle trascrizioni pregiudizievoli, legali per il recupero dei crediti, etc.. Tuttavia, poiché la Legge fallimentare impone al Curatore un percorso ben preciso nella liquidazione dell’attivo, al fine di massimizzare il ricavato dei beni, è auspicabile che l’attestatore proponga più valori legati ad ognuna delle fattispecie previste per la liquidazione fallimentare, (vendita dell’azienda nel suo complesso, poi vendita in blocco dei beni e dei rapporti giuridici e, solo in caso di infruttuosità di questi due tentativi, vendita atomistica dei beni). Si ritiene che il professionista debba esprimere, in conclusione alla relazione, una sola valutazione stimando anche in termini probabilistici l’ipotesi che ragionevolmente risulta realizzabile in concreto.
L’attestatore, dovrà innanzitutto individuare i beni ceduti con il piano dal debitore ai propri creditori sulla base “dello stato analitico” delle attività, ed accertare i creditori concorsuali attraverso l’esame dell’”elenco nominativo dei creditori” contenente l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione (si ritiene che il professionista non debba stimare anche i beni che non interessano, in quanto l’incarico affidatogli, come stabilisce la norma, è quello di accertare il valore di mercato dei beni o diritti su cui sussiste una causa di prelazione). Nella relazione egli dovrà esporre i criteri di valutazione adottati in relazione ai beni e ai diritti oggetto di stima nonché le metodologie seguite per la stima di detti beni e diritti.
L’attestazione ex art. 160 secondo comma L.F. è sicuramente richiesta a pena di inammissibilità della proposta di concordato in quanto necessaria al Tribunale per formulare un suo primo giudizio sulla proposta concordataria. In tal senso depone in modo chiaro il combinato disposto degli artt. 160 e 162 L.F., secondo cui il Tribunale dichiara inammissibile la procedura se “verifica che non ricorrono i presupposti di cui agli artt. 160, commi primo e secondo, e 161”, rientrando tra i primi la relazione in questione. Va da se che la relazione ex art. 160 L.F., se inizialmente mancante agli atti, potrà essere sempre richiesta in via integrativa dal Tribunale ai sensi dell’art. 162 primo comma L.F.