Il Trattamento di fine rapporto (TFR), che dal 1° giugno 1982 ha sostituito l’indennità di anzianità, è un elemento della retribuzione il cui pagamento viene differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Esso matura durante lo svolgimento del rapporto ed è costituito dalla somma di accantonamenti annui di una quota di retribuzione rivalutata periodicamente.
Il TFR deve essere corrisposto al lavoratore in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro (e quindi indipendentemente dalle motivazioni che l’hanno determinata), fatto salvo il caso di integrale destinazione alla previdenza complementare.
La legge prevede alcune ipotesi tassative nelle quali parte del TFR accantonato può essere anticipato nel corso del rapporto.
I Contratti Collettivi hanno la facoltà di fissare condizioni di miglior favore per l’erogazione di anticipazioni del TFR, nonché stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle relative richieste.
Fino al 31 dicembre 2006, il TFR non destinato alla previdenza complementare restava in azienda fino alla cessazione del rapporto, salvo le eventuali anticipazioni richieste dal dipendente; inoltre, la gestione del trattamento era completamente demandata al datore di lavoro.
A decorrere dal 1° gennaio 2007, il TFR ha assunto la finalità prevalente di strumento di finanziamento previdenziale: è cambiata la disciplina del conferimento del trattamento alle forme pensionistiche complementari, con l’obbligo per i lavoratori di decidere al momento dell’assunzione la destinazione del TFR maturando.
Il TFR che i lavoratori di aziende con almeno 50 dipendenti decidono di mantenere presso il datore di lavoro e di non destinare a forme di previdenza complementare viene gestito da un apposito fondo istituito presso l’Inps (Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto, c.d. Fondo Tesoreria: art. 1, c. 749 – 766, L. 296/2006; D.M. 30 gennaio 2007).