Il rischio di sostenibilità è definito, nell’art. 2 del Regolamento (UE) 2019/2088, come un evento o una condizione di tipo ambientale, sociale o di governance che, qualora si verificasse, potrebbe provocare un significativo impatto negativo effettivo o potenziale sul valore dell’investimento.
Il rischio di sostenibilità relativo alle questioni ambientali include ad esempio il rischio climatico, sia fisico che di transizione. Il rischio fisico deriva dagli effetti fisici dei cambiamenti climatici, acuti o cronici, ad esempio: eventi climatici frequenti e di grave intensità possono avere un impatto su prodotti, servizi e sulle catene di approvvigionamento. Il rischio di transizione invece è legato alla capacità delle aziende di mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici e dall’adeguamento delle stesse ad un’economia a basse emissioni di carbonio.
I rischi legati alle questioni sociali possono includere, ma non sono limitati, ai diritti del lavoro e alle relazioni con la comunità, a tematiche quali disuguaglianza e inclusività, investimento nel capitale umano e prevenzione degli incidenti.
I rischi relativi alla governance possono includere, tra gli altri, la composizione e l’efficacia del Consiglio di Amministrazione, gli incentivi alla gestione, la qualità della gestione e l’allineamento della direzione con gli azionisti, la corruzione e l’utilizzo di pratiche di vendita scorrette. Questi rischi possono avere un impatto sull’efficacia operativa e sulla resilienza di un emittente, nonché sulla sua percezione pubblica e reputazionale, incidendo sulla sua redditività e, a sua volta, sulla crescita del capitale. Quanto sopra descritto rappresenta esempi di fattori di rischio di sostenibilità e la rilevanza, la gravità, la significatività e l’orizzonte temporale degli stessi possono variare in modo significativo a seconda dei prodotti gestiti, della composizione dei portafogli e delle tecniche di gestione.