L’art. 67, comma 3, lettera d) della Legge Fallimentare non si cura di definire il PRA Piano di Risanamento Attestato, ma lo ricostruisce in negativo nel contesto delle esenzioni dalla revocatoria fallimentare, al cui interno inscrive anche gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore, purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall’ 28, lettere a) e b), deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
Dalla norma affiora, incisivamente, la funzione del PRA, che, per assolvere alla sua funzione “immunizzante”, dev’essere provvisto di pochi ed essenziali requisiti:
- idoneità a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa;
- idoneità a condurre al riequilibrio della situazione finanziaria dell’impresa;
- ragionevolezza, asseverata mediante apposita relazione da parte di un esperto in possesso dei requisiti previsti dall’ 28, lettere a) e b) L.F.
Al netto di queste scarne prescrizioni, il PRA è slegato da un contenuto minimo ulteriore ed il suo intrinseco vantaggio è costituito proprio da questo: nessuna formalità, nessuna struttura dettagliata, né procedimentalizzazioni avuto riguardo alla sua elaborazione e redazione.
Il PRA costituisce uno strumento di prevenzione della crisi che presuppone “maturità” imprenditoriale e senso di responsabilità verso i creditori, l’utilizzo di tale strumento è possibile anche nei casi in cui il debito verso banche e intermediari finanziari non sia prevalente rispetto all’indebitamento complessivo dell’impresa in crisi.