STP, SOCIETA’ TRA PROFESSIONISTI E COMPENSO AI SOCI

DEFINIZIONE GENERALE

Le società tra professionisti (STP) sono state introdotte nel nostro ordinamento dall’articolo 10 della Legge numero 183 del 2011, norma che consente ai soggetti che esercitano una professione protetta di svolgere la propria attività sotto forma societaria.Le STP non costituiscono un tipo di società a sé stante ma sono disciplinate dalle norme del Codice civile dettate per il tipo sociale prescelto dai soci, con la eccezione delle norme introdotte dalla legge in relazione al loro particolare oggetto sociale. Tali società, di conseguenza, possono essere costituite nella forma di società di persone (società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice), società di capitali (società a responsabilità limitata, società per azioni, società in accomandita per azioni) oppure società cooperative.

IL COMPENSO AI SOCI

Alla crescita del numero di professionisti che scelgono di adottare lo schema societario delle STP fa ancora riscontro una lacunosa normativa di riferimento, che in particolare si può riscontrare in merito alle modalità di remunerazione dei soci. 

Solitamente, le soluzioni adottate per remunerare l’attività svolta dai soci sono le seguenti:

  1. vengono previsti dei “compensi amministratori” anche se le attività svolte dai soci non sono riconducibili a quella di amministratore di società; 
  2. i soci mantengono la propria posizione Iva personale ed emettono, anche in modo esclusivo, fatture alla stessa STP.

Nel primo caso il compenso percepito è qualificato come reddito assimilato ai redditi da lavoro dipendente ai sensi dell’art.50, comma1, lett. c-bis del TUIR.Nel caso b) il compenso percepito dal socio per le prestazioni d’opera effettuate  è qualificato come reddito da lavoro autonomo di cui all’articolo 53 TUIR e la società è tenuta ad operare la ritenuta d’acconto di cui all’articolo 25 D.P.R. 600/1973.

COMPLICAZIONI&SOLUZIONI

Le modalità di remunerazione dei soci normalmente individuate, tuttavia, presentano alcune problematiche da affrontare, in quanto il compenso amministratore deve essere escluso per tutti i casi in cui l’attività svolta dal socio non è riconducibile a quella di amministratore mentre l’ipotesi del lavoro subordinato risulta spesso non percorribile perché in molti casi i soci risultano essere anche amministratori. 

La fatturazione alla stessa STP, invece, comporta numerosi svantaggi come, ad esempio, la doppia applicazione della rivalsa della cassa previdenziale, e può esporre anche a rischi accertativi quali, ad esempio, la riqualificazione dei compensi fatturati in dividendi con disconoscimento del costo in capo alla STP.

In tale contesto, l’istituto delle prestazioni accessorie (articolo 2345 del Codice civile) può rappresentare una valida soluzione. L’istituto permette di riconoscere un compenso periodico al professionista che presta la propria attività a favore della STP, evitando tutti gli svantaggi gestionali e previdenziali evidenziati nel paragrafo precedente; permette, inoltre, di regolare gli obblighi dei singoli soci, vincolandoli a determinate prestazioni a favore della società stessa prevedendone la remunerazione in relazione alle attività svolte.

Nella sostanza, quindi, le prestazioni accessorie sono uno strumento mediante il quale i soci si vincolano ad effettuare delle prestazioni a favore della società nello statuto della società stessa, oppure attraverso un verbale assembleare, con il quale viene stabilito che il socio si impegna a prestare un’attività lavorativa per la società dietro il pagamento di un compenso.  

Sotto il profilo fiscale, il compenso subisce una tassazione ordinaria, ovvero la stessa disciplina fiscale prevista per i redditi da lavoro dipendente. Si evidenzia inoltre che tali costi sono deducibili dal reddito d’impresa della STP e quanto al trattamento contributivo possono essere assoggettati alla cassa di appartenenza dei singoli soci.

Francesco Cospito (Partner CA ACCOUNTING)