DEFINIZIONE GENERALE
Il trattamento di fine mandato (TFM) rappresenta, per gli amministratori, un compenso aggiuntivo a quello ordinario stabilito dallo statuto ovvero dall’assemblea dei soci. Il TFM non è specificatamente disciplinato da una norma ma origina dal combinato disposto degli articoli 2120 e il 2364 del Codice civile in base ai quali la società può stabilire un compenso aggiuntivo e differito per i propri amministratori simile al trattamento di fine rapporto (TFR). Tale compenso viene corrisposto agli amministratori alla fine del loro mandato ed è necessario che la sua erogazione sia stabilita nell’atto costitutivo e da una delibera assembleare. Il TFM rappresenta, sia civilisticamente che fiscalmente, una voce di costo per la società, al pari del TFR dei dipendenti, che può essere dedotto integralmente.
QUADRO NORMATIVO
L’Amministrazione Finanziaria si è espressa in merito al corretto regime fiscale applicabile in caso di rinuncia al TFM da parte degli amministratori con la risoluzione 124/E/2017 con particolare riferimento all’eventuale insorgenza di una sopravvenienza attiva in capo alla società e sulla possibile imposizione della rinuncia al TFM in capo agli amministratori.
In via preliminare, va ricordato che ai sensi dell’art.105 comma 4 del TUIR gli accantonamenti relativi alle indennità di fine mandato sono fiscalmente deducibili in capo all’impresa secondo il principio di competenza. Inoltre, per effetto del rinvio all’art. 17 comma 1 lett. c) del TUIR, ai fini della deducibilità è necessario che il diritto all’indennità risulti da un “atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto”, in caso contrario la deducibilità è riconosciuta nell’anno di effettiva erogazione dell’indennità.
Per quanto attiene, più propriamente, la rinuncia al TFM è necessario separare la posizione dell’amministratore socio dalla posizione dell’amministratore non socio.
AMMINISTRATORE SOCIO
L’Agenzia delle Entrate evidenzia che, a partire dal 2016, l’articolo 13, comma 2, D.Lgs. 147/2015, ha modificato in modo significativo il regime fiscale delle rinunce ai crediti (finanziari, commerciali o da lavoro) da parte dei soci, intervenendo sia sul trattamento impositivo in capo alla società partecipata che in capo al socio finanziatore:
- per quanto riguarda il regime fiscale in capo alla società partecipata “la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale” (articolo 88, comma 4-bis, Tuir).
- per quanto concerne, invece, la posizione del socio, l’articolo 13 D.Lgs. 147/2015 stabilisce che, in capo al socio imprenditore che detiene le partecipazioni in regime di impresa, l’ammontare della rinuncia si aggiunge al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione “nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia”.
Ai fini dell’applicazione di tale previsione normativa è necessario che la società partecipata ottenga dal socio una dichiarazione sostitutiva di atto notorio a mezzo della quale occorre certificare il valore fiscale del credito rinunciato: in assenza, si presume che il valore fiscale del credito sia pari a zero, con l’effetto che la società partecipata sarà tenuta ad assoggettare a tassazione l’intero valore nominale del credito.
Alla luce del nuovo quadro impositivo appena descritto, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto come la rinuncia al TFM da parte degli amministratori soci sia sostanzialmente volta ad apportare nuove risorse al patrimonio della partecipata, con il conseguente aumento del costo della partecipazione da essi detenuta. Per tale ragione, se a rinunciare al TFM è un socio amministratore, la società partecipata non sarà tenuta a tassare alcuna sopravvenienza attiva, ai sensi dell’articolo 88, comma 4-bis, Tuir.
AMMINISTRATORE NON SOCIO
Con riferimento alla rinuncia al TFM operata da amministratori non soci, l’Agenzia delle Entrate ritiene non applicabile la disposizione contenuta al comma 4-bis, dell’articolo 88 Tuir.
In questo caso, trova applicazione, invece, quanto prescritto dall’articolo 88, comma 1, Tuir, sulla base del quale “si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite ed oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio o in precedenti esercizi”.
Pertanto, a seguito della rinuncia degli amministratori non soci, se la società istante ha dedotto le quote di TFM accantonate, questa dovrà assoggettare a tassazione una sopravvenienza attiva. In caso contrario, la rinuncia non avrà alcun effetto fiscale in capo alla società.
Francesco Cospito (Partner CA ACCOUNTING)