Le criptovalute sono delle valute “virtuali” presenti in alternativa a quelle aventi corso legale.
In particolare, una valuta virtuale viene definita dal D. Lgs. n. 90, art. 1 comma 1, come: “la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.
Aspetti fondamentali
Le criptovalute sono caratterizzate dai seguenti elementi fondamentali:
- hanno natura digitale essendo “estratti” (c.d. Mining) e utilizzati attraverso dispositivi elettronici (come pc e smartphone) nonché conservati in “portafogli virtuali elettronici” (detti wallet);
- sono liberamente accessibili e trasferibili dal titolare in qualsiasi momento e senza la necessità di appoggiarsi ai “classici” intermediari;
- funzionano grazie a codici crittografici e a strutturati algoritmi (blockchain).
In assenza di una specifica normativa, l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 72/E del 2.9.2016 si è allineata a quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, ovvero ha assimilato le criptovalute alle valute estere.
Ciò implica che, per quanto concerne le imposte sul reddito delle persone fisiche non imprenditori, venga applicato il principio generale che regola le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali ovvero che si possano generare “redditi diversi” tassabili in base ai princìpi di cui all’articolo 67 Testo Unico delle Imposte sul reddito (TUIR).
Inquadramento normativo
Soggetti IRPEF non imprenditori
Per i contribuenti che detengono criptovalute al di fuori del regime d’impresa, le operazioni “a pronti” (ovvero acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili in quanto risulta mancante la finalità speculativa (Risoluzione n. 72/E del 2.9.2016).
L’assimilazione delle criptovalute alle valute estere può, tuttavia, determinare l’emersione di plusvalenze imponibili come “redditi diversi” ai sensi dell’art. 67 co. 1 lett. c-ter) del TUIR. Detta normativa, infatti, parifica il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente alle cessioni a titolo oneroso, caratterizzandole con la finalità di investimento (cfr. C.M. 24.6.98 n. 165/E cap. II, § 2.2.3). Quindi, le plusvalenze derivanti dalla cessione di criptovalute, emerse per lo scambio immediato di valuta virtuale contro un’altra valuta produrrà “redditi diversi” imponibili nel caso la valuta ceduta sia prelevata da wallet con giacenza media superiore a 51.645,69 euro “per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta” (art. 67 co. 1 lett. c-ter) e co. 1-ter del TUIR).
In questo caso la plusvalenza dovrà essere dichiarata nel quadro RT del modello REDDITI PF, liquidando la relativa imposta sostitutiva del 26 per cento.
In ultimo si informa che in assenza della predetta condizione, peraltro, non è possibile dedurre le minusvalenze eventualmente realizzate (in tale senso, interpello DRE Lombardia n. 956-39/2018).
Determinazione del valore di giacenza media dei wallet
Il valore della giacenza media di criptovalute è da calcolarsi secondo il cambio di riferimento al 1° gennaio dell’anno nel quale si è verificato il presupposto impositivo. In considerazione della mancanza di un prezzo ufficiale giornaliero a cui fare riferimento per il rapporto di cambio è possibile adottare:
- il rapporto di cambio, riferito al 1° gennaio esposto dalla piattaforma digitale presso cui il possessore ha acquistato la criptovaluta;
- oppure, in mancanza e a fronte di acquisti di differenti valute digitali, quello esposto per la maggior parte delle operazioni.
Tale giacenza media deve essere verificata rispetto all’insieme dei wallet detenuti dal contribuente, indipendentemente dalla loro tipologia (paper, hardware, desktop, mobile, web).
Determinazione della plusvalenza
Al fine di quantificare la plusvalenza derivante dal prelievo dal portafoglio virtuale che abbia superato la sopra detta giacenza media, è necessario:
- confrontare il costo di acquisto della criptovaluta al valore in euro della valuta acquistata;
- considerare cedute per prime le valute acquisite in data più recente.
Adempimenti dichiarativi
Obblighi di monitoraggio fiscale e IVAFE
Come visto in precedenza l’orientamento dell’Amministrazione finanziaria è considerare le criptovalute alla stregua di valuta estera e quindi assoggettarle anche agli adempimenti pubblicitari riportati nel quadro RW del modello REDDITI, senza tuttavia l’applicazione dell’IVAFE. Si ricorda inoltre che, in caso di plusvalenza, dovrà essere dichiarata nel quadro RT del modello REDDITI PF.
Di tutt’altro opinione è invece l’impostazione della Dottrina, la quale evidenzia che non essendovi alcun investimento estero, non risulterebbe alcun obbligo circa la compilazione del quadro RW, nel caso in cui la persona fisica abbia la disponibilità della chiave privata, che rappresenta quindi il “mezzo” attraverso il quale è manifesta la volontà di disporre delle criptovalute. Detta chiave privata infatti permetterebbe di impiegare direttamente la valuta elettronica attraverso la rete, per la quale non esiste, ad oggi, un concetto di “estero” o di “territorio nazionale”.
Conclusioni
Come spesso capita, il legislatore nazionale fatica a tenere il passo con la continua evoluzione dei mercati e quindi risulta tutt’ora mancante un suo intervento che auspicabilmente chiarisca i dubbi interpretativi circa il trattamento fiscale degli investimenti in criptovalute. In attesa di detto intervento normativo, risulta ad oggi necessario applicare quanto contenuto nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n. 72/E del 2.9.2016) secondo la quale la parificazione delle criptovalute a valute estere fa emergere, in sede scambio/cessione di criptovalute, plusvalenze assimilabili ai “redditi diversi”. È inoltre necessario adempiere agli obblighi pubblicitari previsti dalla compilazione del quadro RW del modello REDDITI, senza tuttavia l’assoggettamento a IVAFE.
Stefano Cartabbia (Senior Consultant CA Consulting)