Il legislatore, in sede di conversione del D.L. 125/2020 nella L. 159/2020 ha sancito, attraverso le modifiche apportate agli articoli 180, 182-bis e 182-ter, della Legge fallimentare, l’entrata in vigore delle disposizioni relative alla transazione fiscale e contributiva previste dall’art. 48, comma 5, del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) introducendo all’interno della normativa concorsuale la rilevante novità del “CRAM DOWN” nell’ambito del trattamento dei crediti tributari e contributivi.
Innanzitutto, cosa è il CRAM DOWN? È un’espressione anglosassone che si riferisce alla circostanza secondo cui il Tribunale decide di omologare il concordato e/o l’accordo di ristrutturazione nonostante un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesti la convenienza della proposta, se ritiene che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente percorribili.
Nell’ambito delle procedure concorsuali, la transazione fiscale permette al contribuente in sede di concordato preventivo di dilazionare i pagamenti dei tributi e/o dei contributi con i relativi accessori in deroga al principio generale della “indisponibilità e irrinunciabilità del credito” da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
L’articolo 3, comma 1 bis, D.L. 125/2020, convertito nella L. 159/2020, ha previsto la possibilità per il Giudice fallimentare di omologare il concordato preventivo e/o l’accordo di ristrutturazione anche in mancanza di voto e/o di adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria.
La funzione dell’omologazione forzosa è infatti quella di perseguire il preminente interesse dei creditori attraverso il superamento delle resistenze degli uffici finanziari alla proposta transattiva, le quali si dimostrano immotivate in presenza di un’attestata convenienza della stessa rispetto al fallimento e in contrasto con il principio del buon andamento della Pubblica amministrazione stabilito dall’art. 97 della Costituzione.
L’introduzione di questo potere per il Tribunale ha come fine quello di velocizzare e ridurre i tempi delle procedure di composizione della crisi nonché quello di ampliare le possibilità di accesso alle procedure concorsuali nelle quali spesso, l’amministrazione finanziaria costituisce un creditore importante in termini di quantità di crediti rivendicati e perciò un soggetto significativo in sede di votazione del piano di esdebitazione.
Molti piani, infatti, non superano l’iter di votazione proprio perché l’amministrazione finanziaria in molti casi costituisce il creditore di maggioranza e non si esprime in sede di votazione. In base ad una interpretazione estensiva della norma il potere/dovere del Giudice ricorre anche a seguito del voto negativo o del rigetto dell’adesione da parte dell’amministrazione finanziaria e degli enti.
Un chiarimento al superamento del dibattito non unanime concernente il CRAM DOWN FISCALE in senso favorevole alla tesi estensiva è stato recentemente fornito dal D.L. 24 agosto 2021 n. 118, il quale, per quanto attiene al concordato preventivo, ha adeguato il disposto dell’art. 180, comma 4, della Legge fallimentare a quello dell’art. 63, comma 2, del Codice della crisi, modificando l’espressione “in mancanza di voto” in quella di “mancanza di adesione”. Infatti, come si evince anche dalla relazione accompagnatoria del D.L. n.118/2021, secondo cui “la norma è inserita a completamento delle disposizioni introdotte dall’articolo 3, comma 1-bis, decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 2020, n. 159”: poiché per “mancanza di adesione” deve intendersi, nel concordato preventivo, anche la mancanza di adesione dovuta all’espressione di un voto negativo, il Tribunale può omologare forzosamente la transazione fiscale e contributiva anche conseguentemente al rigetto della relativa proposta esplicitato attraverso il voto contrario.