I Piani attestati di risanamento (PRA) ex art.67 L.F. e le opportunità derivanti dagli strumenti straordinari della legislazione d’emergenza

Premessa

La crisi di liquidità attuale, derivante dagli impatti negativi dell’emergenza COVID-19, riguarda ormai quasi tutti i comparti produttivi del nostro Paese, interessando la quasi totalità delle imprese indipendentemente dalla loro dimensione. Il blocco delle attività ha comportato la mancanza di regolari flussi finanziari con la conseguente incapacità degli operatori economici di far fronte puntualmente alle proprie obbligazioni con un rallentamento che rischia di incidere negativamente sulla stessa continuità aziendale.

Da qui le misure previste nel Decreto Liquidità che, con le semplificazioni previste per l’accesso al Fondo Centrale di Garanzia e con l’intervento della SACE, mirano all’erogazione di finanziamenti garantiti (totalmente o quasi) e a condizioni vantaggiose per le imprese qualunque sia la loro dimensione.

L’obiettivo di questo documento è di esaminare l’impatto dell’emergenza sanitaria Covid19 e della relativa normativa speciale d’emergenza sulla disciplina della crisi di impresa, con particolare riferimento ai PRA Piani di risanamento attestati ex art. 67 L.F.  Tale strumento negoziale stragiudiziale di regolazione della crisi di impresa consente all’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza di proporre un progetto, rivolto ai creditori, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria.

In un contesto cosi fortemente compromesso, risulta necessario adottare una sorta di “triage di emergenza”, per la tutela delle imprese sane o che, pur essendo in crisi, siano in possesso di assets aziendali in grado di garantire margini operativi interessanti e pertanto siano suscettibili di risanamento o collocazione sul mercato.

Il PRA, non essendo una procedura concorsuale in senso stretto, consente di prescindere dalle formalità caratteristiche della giurisdizione, perseguendo così l’obiettivo del puro risanamento attraverso modalità più elastiche e tempestive.

La finalità del PRA potrebbe pertanto essere quella di anticipare la crisi, utilizzando, come leva, le moratorie convenzionali e quelle stabilite dalla legislazione di emergenza e, come risorsa, le erogazioni di sostegno.

L’utilizzo di un Piano ex art.67 L.F. potrebbe scontrarsi con la resistenza psicologica degli imprenditori in bonis, tuttavia un approccio maturo e sensibile alle esigenze dei creditori, sottolineato dall’avvio di un percorso volto alla adozione preventiva di un PRA e ben veicolato sul piano dell’informativa ai creditori stessi, può costituire, dal punto di vista dell’immagine, un messaggio più rassicurante di un inadempimento privo di  preavviso e motivazione accompagnato dalla sensazione di un approccio non proattivo e procrastinatore della crisi. Peraltro, procrastinare gli opportuni interventi potrebbe risolversi in una grave responsabilità degli esponenti aziendali anche tenuto conto delle nuove disposizioni contenute all’art. 2086 del codice civile.

Principali caratteristiche del Piano attestato di risanamento (PRA) ex art. 67 L.F.

L’art. 67, comma 3, lettera d), L.F. non si cura di definire il PRA, ma lo ricostruisce in negativo nel contesto delle esenzioni dalla revocatoria fallimentare, al cui interno contempla anche gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore, purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall’art. 28, lettere a) e b) L.F. deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano stesso.

Il PRA è uno strumento finalizzato alla soluzione della crisi avente natura privatistica in quanto demandato alla completa autonomia dell’imprenditore, senza alcun obbligo pubblicitario (a differenza degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L.F. che acquistano efficacia dal giorno della pubblicazione nel registro delle imprese) e per il quale non è previsto alcun potere di controllo o di valutazione da parte del tribunale.

Esso costituisce il primo atto finalizzato all’avvio di una positiva risoluzione della crisi, affidata all’autonoma iniziativa dell’imprenditore, al quale viene riservato, in caso d’insuccesso della strategia di salvataggio, l’esperimento di altri tipi di intervento, quali gli accordi di ristrutturazione dei debiti ex. art. 182-bis della legge fallimentare ed il concordato preventivo.

In presenza di una situazione di crisi, la composizione della stessa, finalizzata al salvataggio di un’impresa, deve essere condotta con mezzi idonei, oltre che con competenza e trasparenza. In tali circostanze, l’eventuale compimento di atti stragiudiziali, che potrebbero dar luogo a responsabilità civili o penali, è bene che avvengano attraverso strumenti disciplinati dalla legge fallimentare, tra cui, appunto, il PRA.

Il piano attestato presuppone, al momento della sua predisposizione, un’impresa in attività che versi in stato di crisi (non necessariamente in stato d’insolvenza) ed ha la duplice finalità di risanare l’esposizione debitoria e di assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria dell’impresa. Il controllo sulla ragionevolezza del piano a soddisfare i suddetti obiettivi è demandato dalla legge ad un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili.

Principali caratteristiche e finalità del PRA
valorizza il rapporto privatistico tra debitore e creditore nella soluzione negoziale della crisi
è finalizzato non soltanto al soddisfacimento dei creditori sociali ma al definitivo superamento della crisi di impresa, prescindendo da qualsiasi verifica giudiziale o dal raggiungimento di eventuali maggioranze
ha efficacia obbligatoria esclusivamente nei confronti dei soggetti contraenti. I creditori estranei all’accordo devono essere soddisfatti integralmente e alle scadenze originarie
non è sottoposto ad alcun regime di pubblicità, pertanto spesso rimane sconosciuto ai terzi creditori
richiede una descrizione particolareggiata delle azioni da intraprendere al fine di dimostrare il nesso di causalità tra atti dispositivi e piano di risanamento
il piano e l’attestazione devono avere data certa al fine di essere validamente opposti al curatore nell’eventuale giudizio di revocatoria

Il PRA assicura stabilità, nell’eventualità di un successivo fallimento, ad atti, pagamenti e garanzie concesse su beni del debitore e dalla norma appare evidente che per assolvere alla propria funzione “immunizzante”, dev’essere provvisto di pochi ed essenziali requisiti.

Requisiti del piano attestato di risanamento al fine della propria efficacia
idoneità a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa
idoneità a condurre al riequilibrio della situazione finanziaria dell’impresa
ragionevolezza, asseverata mediante apposita relazione da parte di un esperto in possesso dei requisiti previsti dall’ 28, lettere a) e b) L.F.

Il ruolo del professionista appare fondamentale in quanto la stabilizzazione degli atti è garantita solo se essi vengono compiuti nel quadro di un piano che sia:

  • astrattamente idoneo a consentire il risanamento dell’impresa (e dunque il ripristino di una condizione di normale esercizio, con il connesso pagamento di tutti i creditori, salvo eventuali diversi accordi conclusi con loro su base individuale);
  • concretamente realizzabile, secondo le circostanze in cui si trova l’impresa. Questo implica anche una verifica della attendibilità dei dati contabili di partenza, oltre che della ragionevolezza delle ipotesi previsionali su cui si basa il piano di risanamento.

La valutazione dell’esperto circa la sussistenza di questi due presupposti e circa la coerenza degli atti indicati dal piano rispetto all’obiettivo del risanamento, fa scattare il giudizio di meritevolezza degli atti compiuti in esecuzione del piano, giudizio di meritevolezza che resiste anche nell’eventualità di insuccesso e di fallimento (nel quale gli atti in questione resteranno dunque inattaccabili).

Obiettivo e contenuto del PRA

Il PRA deve avere come obiettivo primario il risanamento dell’impresa e il soddisfacimento dei creditori e, in presenza di realistiche aspettative di continuità aziendale, deve avere la funzione di illustrare anche i possibili sviluppi economico, patrimoniali e finanziari dell’impresa. Ciò che rileva ai fini della sua redazione è il nesso di causalità fra gli interventi previsti e la finalità prefissata dal legislatore ovvero il risanamento dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria. Esso dovrebbe essere costruito utilizzando anche le note prassi professionali per la redazione dei business plan.

E’ importante dare una precisa indicazione temporale al piano di risanamento e ai principali atti posti in esecuzione del piano attestato. Questo garantisce di sottrarre alla revocatoria gli atti eseguiti per l’attuazione del piano, garantendo l’anteriorità del piano, dell’attestazione e degli atti esecutivi rispetto alla dichiarazione di fallimento.

A titolo esemplificativo e non esaustivo, la consecuzione delle attività da svolgere per la definizione del piano di risanamento dovrebbero prevedere:

1l’analisi della situazione economico-finanziaria dell’impresa con particolare attenzione alle cause che hanno determinato lo stato di crisi, all’identificazione di indicatori di squilibrio nella situazione finanziaria e alla struttura attuale e prospettica del debito
2la progettazione delle linee di intervento e delle azioni da intraprendere, tenuto conto anche delle implicazioni giuridiche e fiscali, al fine di perseguire un piano di risanamento in un orizzonte temporale limitato (3/5 anni)
3la predisposizione di un piano industriale completo di proiezioni economiche, patrimoniali e finanziarie, finalizzato ad evidenziare gli impatti delle azioni di piano sui flussi di cassa prospettici e sulle condizioni di equilibrio patrimoniale e finanziario
4la predisposizione di un’analisi di sensibilità finalizzata ad esprimere la solidità e la stabilità delle proiezioni economiche e finanziarie, al variare dei parametri utilizzati nella proiezione dei flussi prospettici
5la definizione di eventuali accordi e convenzioni con i creditori sociali (in particolare istituti di credito) che devono essere coinvolti a supporto del piano di risanamento

Il Piano deve avere una intelligibilità elevata e deve garantire un corretto monitoraggio relativamente alla sua esecuzione.

Per raggiungere l’obiettivo di risanamento occorre prevedere interventi di natura industriale, patrimoniale, economica e finanziaria. Per questi motivi il piano dovrebbe prevedere:

  • Il piano industriale che ha l’obiettivo di sintetizzare le strategie di intervento e di rappresentare le soluzioni per superare la crisi;
    • Il business plan che permette di stimare i dati “futuri” della società e, in particolare, l’evoluzione economico, patrimoniale, finanziaria e la generazione dei flussi di cassa, basandosi naturalmente su ipotesi prudenziali e reali;
    • Il piano finanziario, con il quale si devono illustrare le modalità per ottenere un equilibrio tra i flussi in entrata ed in uscita, per garantire la prosecuzione dell’attività di impresa;
    • Il budget di tesoreria, che presenta le movimentazioni monetarie nel breve periodo con l’obiettivo di individuare l’arco temporale necessario a raggiungere l’equilibrio finanziario.

Oltre a questi documenti prospettici il piano deve prevedere una sezione dedicata alle informazioni contabili storiche necessarie alla comprensione e alla redazione dei dati prospettici.

Infine, sarebbe opportuno prevedere un documento di sintesi finale, che racchiuda i principali interventi previsti dal piano di risanamento. Questo documento finale di sintesi deve essere in grado di evidenziare gli interventi previsti, specificando la durata degli stessi e i punti di forza e di debolezza. Devono essere inoltre indicati, in modo analitico, gli atti, i pagamenti e le garanzie rientranti nel piano.

L’arco temporale del PRA dovrà essere definito a seconda della “crisi” da affrontare, questo per garantire il miglior risultato possibile nella gestione della stessa.

Le linee-guida per il finanziamento delle imprese in crisi indicano che l’impresa deve, comunque “cercare di raggiungere una condizione di equilibrio economico finanziario, non oltre i 3/5 anni. Fermo che il raggiungimento dell’equilibrio non dovrebbe avvenire in un termine maggiore, il piano può avere durata più lunga, nel qual caso è però necessario motivare adeguatamente la scelta e porre particolare attenzione nel giustificare le ipotesi e le stime previsionali utilizzate; occorre comunque inserire nel piano alcune cautele o misure di salvaguardia aggiuntive, tali da poter compensare o quanto meno attenuare i possibili effetti negativi di eventi originariamente imprevedibili. L’orizzonte temporale del piano costituisce un elemento centrale nel condizionare le possibilità di raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario. In termini generali, maggiore è la durata del piano e maggiore è la possibilità di evidenziare l’esistenza di condizioni fisiologiche al termine del periodo. Esiste però un trade-off tra orizzonte temporale e capacità di previsione delle tendenze future di lungo periodo, che induce a ritenere opportuno non estendere l’orizzonte temporale necessario al raggiungimento delle condizioni fisiologiche oltre i 3/5 anni, periodo giudicato dalla prassi aziendale sufficiente per mostrare gli effetti economico finanziari di interventi strutturali. L’estensione a periodi superiori deve pertanto ritenersi un’eccezione che indebolisce la qualità del piano, rende inevitabilmente più incerto l’oggetto dell’attestazione e necessita pertanto delle ulteriori accortezze sopra indicate”.

Sinergie operative e giuridiche tra le misure di sostegno alla liquidità delle imprese e i PRA

L’esame dello strumento del PRA quale modalità di approccio all’emergenza COVID-19 da parte degli imprenditori, origina dalla constatazione della singolarità dell’attuale situazione, ossia l’ipotesi di un’impresa che si presenta in bonis al punto zero dell’emergenza.

Tale impresa ideale si trova, rispetto alla tradizionale situazione di chi adotta uno strumento di risoluzione della crisi, in una condizione di relativo vantaggio, in quanto la sua crisi ha specifiche particolarità.


Particolarità della crisi correlata all’emergenza sanitaria COVID 19
CRISI PROSPETTICA
CRISI ESOGENA E PREVEDIBILE
STRUMENTI DI NATURA STRAORDINARIA MESSI A DISPOSIZIONE DALL’ORDINAMENTO

Crisi prospettica

La prima particolarità richiama, sia pure nella prospettiva particolarissima legata alla natura esogena dello shock imprenditoriale, la fattispecie di “insolvenza prospettica” che, delineata dal nuovo codice della crisi d’impresa, è stata esaminata, per la prima volta alla luce del diritto vigente, da una recente pronuncia del Tribunale di Milano.

La questione riguardava una istanza di fallimento in cui il procedente sosteneva che ove l’insolvenza non fosse stata ritenuta sussistente, la stessa avrebbe potuto assumere rilievo in prospettiva, essendo imminente.

Il Tribunale, che pure respingeva l’istanza in mancanza di inadempimenti o di altri fatti sintomatici di uno stato di insolvenza, esaminava comunque in modo approfondito il tema dell’insolvenza prospettica.

Il presupposto era l’affermazione che le procedure vanno intese non come semplici rimedi ex post a situazioni dannose, al pari delle revocatorie ad esempio, ma, soprattutto nella loro evoluzione necessitata dall’orientamento delle direttive europee, come strumento di emersione tempestiva della crisi per ridurre al minimo l’impatto della stessa ed il pregiudizio delle ragioni creditorie.

Per il Tribunale di Milano, nel caso in cui la crisi sia solo intrinseca e ancora non si sia manifestata, come fatto esterno, con inadempimenti o altri fatti esteriori, occorre distinguere tra:

  1. situazioni di vera e propria crisi;
  2. vera e propria insolvenza prospettica, il cui accertamento deve necessariamente riguardare un periodo di tempo più ampio, che il CCII fissa in sei mesi.

Posto che, nella fattispecie non vi erano manifestazioni esteriori atte a far ritenere la società prospetticamente insolvente a breve, il Collegio evidenziava, tuttavia, l’esistenza di apprezzabili segnali che inducevano a ritenere probabile l’insorgenza di una crisi che in prospettiva ha caratteristiche importanti e che potrebbero divenire molto gravi.

Pertanto, concludeva “raccomandando” all’organo amministrativo e, in via sussidiaria, al collegio sindacale, di attivarsi senza indugio per l’adozione o l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale e che la dizione dell’articolo appare coerente colla situazione esistente.

La raccomandazione del Tribunale offre, sia pure nella differente ottica emergenziale, in cui il rischio di crisi è esogeno e non endogeno, spunti interpretativi anche alle fattispecie in esame, che riguardano imprenditori ancora in bonis i quali, tuttavia, percepiscono in modo inequivocabile l’imminenza della crisi determinata dalla emergenza sanitaria in corso.

Particolare rilievo assume la premessa del Tribunale circa la funzione delle procedure di soluzione della crisi, da cui va eliminato ogni approccio sanzionatorio, sostenendo con fermezza che gli strumenti previsti dalla legislazione sull’insolvenza di impresa hanno la funzione di far emergere ed affrontare la crisi nell’interesse dei creditori dell’impresa e, più in generale, dell’economia.

Si può pertanto desumere che per affrontare l’emergenza COVID-19, adottare tempestivamente strumenti, il più possibile agili, di approccio e prevenzione della crisi costituisce la soluzione di certo più razionale.

Crisi esogena e prevedibile

L’impresa che approccia la crisi “in bonis”, al fine dell’accesso agli strumenti straordinari della legislazione d’emergenza, è quella priva di posizioni debitorie classificate come esposizioni deteriorate, ripartite nelle categorie: “sofferenze”, “inadempienze probabili”, “esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate” (in particolare, non deve avere rate scadute, ossia non pagate, o pagate solo parzialmente, da più di 90 giorni).

L’impresa “in bonis” ha oggi una visione privilegiata sulle proprie prospettive di crisi e può essere in grado di adottare tempestivamente adeguati strumenti di approccio alla stessa.

Essendo evidentemente esogene le cause della crisi e pertanto presumendo una realtà aziendale sana, è ipotizzabile che al suo interno sia dotata degli anticorpi necessari per adottare efficacemente gli strumenti di contenimento e che all’esterno goda della fiducia dei finanziatori e dei fornitori.

L’imprenditore “in bonis” si può trovare nella posizione di individuare tempestivamente, in vista delle previsioni di calo di fatturato e di un quadro generale di crisi, un piano di risanamento che gli consenta di superare la crisi, sfruttando efficacemente a proprio vantaggio gli strumenti che la legislazione ordinaria e dell’emergenza gli mette a disposizione.

Gli strumenti straordinari della legislazione d’emergenza

La legislazione dell’emergenza contiene una vasta gamma di provvedimenti temporanei, tra cui vanno posti sinteticamente in evidenza i seguenti.

Strumenti straordinari della legislazione d’emergenza
Moratoria straordinaria dei prestiti e delle linee di credito concesse da banche e intermediari finanziari
Esclusione della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti
Disposizioni straordinarie relative alla perdita del capitale delle società
Continuità aziendale
Disapplicazione della postergazione dei finanziamenti soci
Ammortizzatori sociali
Finanziamenti a garanzia pubblica

Moratoria straordinaria dei prestiti e delle linee di credito concesse da banche e intermediari finanziari.

Per le PMI “in bonis” e che abbiano subito carenze di liquidità a causa della emergenza COVID-19, è concessa una moratoria straordinaria dei prestiti e delle linee di credito concesse da banche e intermediari finanziari, di portata assai ampia e neppure immaginabile con il ricorso alle convenzioni di moratoria di cui all’art. 182-septies, comma 5, l. fall.

Infatti, l’art. 56 del Decreto Cura Italia, prevede al comma 2, a richiesta dei soggetti finanziati che abbiano i requisiti di micro impresa, piccola e media impresa che:

a) per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o, se superiori, a quella di pubblicazione del presente decreto, gli importi accordati, sia per la parte utilizzata sia per quella non ancora utilizzata, non possono essere re- vocati in tutto o in parte fino al 30 settembre 2020;

b) per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020 i contratti sono prorogati, unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità, fino al 30 settembre 2020 alle medesime condizioni;

c) per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020 è sospeso sino al 30 settembre 2020 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l’assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti; è facoltà delle imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale.”

Risulta evidente il maggior beneficio della moratoria prevista dalla norma in commento rispetto a quanto l’imprenditore può ottenere, anche nella ipotesi più favorevole, da una convenzione di moratoria quale prevista dall’art. 182 septies, comma 5, L.F.

Infatti, la moratoria prevista dalla normativa speciale opera a semplice richiesta e senza le formalità e le maggioranze di cui all’art. 182 septies L.F., inoltre gli effetti che ne derivano sono di portata ben più ampia:

  1. l’estensione della convenzione di moratoria ai creditori non aderenti opera solo in presenza di omogeneità di posizione giuridica e interesse economico dei creditori che si intendono coartare, rispetto a quelli aderenti alla convenzione: omogeneità che difficilmente potrà dirsi sussistente, ad esempio, tra posizioni di semplice scoperto chirografario e posizioni ipotecarie;
  2. nelle convenzioni di moratoria, non è coercibile, per espressa previsione di legge, il mantenimento delle linee di credito, che invece è previsto espressamente dalla disposizione emergenziale, anche con riferimento alle linee auto-liquidanti;
  3. di regola, in considerazione del fatto che la mancata estensione della moratoria ad uno o più creditori non aderenti potrebbe mettere in pericolo il fabbisogno finanziario, le convenzioni prevedono clausole di scioglimento dagli impegni per l’ipotesi in cui, per fatto del debitore o per l’opposizione spiegata dai creditori, venga meno il vincolo per i creditori non aderenti: evidentemente, tale rischio è del tutto sconosciuto alla norma emergenziale;
  4. infine, le convenzioni di moratoria non si estendono automaticamente alle posizioni dei garanti, come invece dispone la legislazione emergenziale.

Dunque, l’imprenditore che intenda predisporre un PRA, oggi, si troverebbe verosimilmente nelle condizioni di poterlo fare in situazione di moratoria bancaria, con le linee di credito operative e con la prospettiva di conseguire finanziamenti a garanzia pubblica.

Ma è proprio in questo quadro che le convenzioni di moratoria possono ritrovare spazio di espansione.

Risulta infatti evidente come una moratoria legale di così ampia portata sia destinata, inevitabilmente, a stimolare il ceto dei finanziatori ad accettare la negoziazione di una convenzione a sé più favorevole, ma con il vantaggio, per l’imprenditore, a fronte delle concessioni fatte al ceto bancario rispetto al modello legale di sospensione, di poter estendere la convenzione, raggiunte le maggioranze necessarie, a tutto il ceto creditorio.

A tal fine, è sintomatico rilevare come gli istituti di credito stiano predisponendo convenzioni ad hoc da proporre ai clienti finanziati.

Esclusione della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti

Sul piano dei debiti non bancari, appare poi di rilievo il disposto dell’art. 3, comma 6 bis, del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 per il quale il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.

La norma stabilisce, in sostanza, che il mancato o il ritardato pagamento, che sia conseguenza delle misure disposte per il contenimento dell’epidemia, deve ritenersi giustificato e che, conseguentemente, da tale inadempimento non possono conseguire effetti pregiudizievoli per il debitore.

Sebbene tale disposizione non possa considerarsi introduttiva di una vera e propria moratoria, è evidente che la stessa è in grado di prevenire, almeno in parte, le tipiche azioni che possono ostacolare le trattative volte alla condivisione del PRA con i creditori (iscrizioni ipotecarie, sequestri, sfratti per morosità, istanze di fallimento fondate su inadempimenti riconducibili a causa di forza maggiore ai sensi della citata disposizione).

Disposizioni straordinarie relative alla perdita del capitale delle società

Sotto altro profilo, vengono in rilievo le disposizioni straordinarie relative alla perdita del capitale delle società, introdotte dall’art. 6 del D.L. 8 apri- le 2020, n. 23.

Tale norma dispone che, per le fattispecie che si verificano nel corso degli esercizi chiusi nel periodo dalla entrata in vigore del decreto al 31.12.2020, non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482 bis, commi 4, 5, 6 e 2482 ter c.c.

Con riferimento alla riduzione del capitale sotto al minimo legale, nulla quaestio: se si verifica tale eventualità nel corso degli esercizi chiusi nel periodo di riferimento, non opereranno gli obblighi previsti dagli artt. 2447 e 2482 ter c.c.

Con riferimento alla riduzione di oltre un terzo, ma senza violazione del minimo legale, il mancato richiamo del primo comma dell’art. 2446 c.c. e dei primi tre commi dell’art. 2482 bis c.c., e la limitazione temporale agli esercizi chiusi tra il 9 aprile ed il 31 dicembre 2020, fa ritenere che la fattispecie di riferimento sia quella in cui nell’esercizio immediatamente precedente al periodo 9 aprile 2020 e 31 dicembre 2020 si sia già verificata una diminuzione del capitale sociale di oltre un terzo e la stessa non risulti diminuita a meno di un terzo nell’esercizio che si conclude entro il periodo indicato.

In tali ipotesi, il D.L. 23/2020, dispone che non si applica l’obbligo di ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate, né, in caso di riduzione al di sotto del minimo legale, l’alternativa tra ricostituzione e trasformazione della società.

Viceversa, nell’ipotesi in cui la perdita superiore al terzo (ma nei limiti del minimo legale) si verifichi, per la prima volta, nel corso dell’esercizio chiuso nel periodo di riferimento, resteranno fermi gli obblighi previsti dal primo comma dell’art. 2446 c.c. e quelli previsti dai primi tre commi dell’art. 2482-bis c.c.: quindi dovrà essere convocata l’assemblea per gli opportuni provvedimenti, con le relazioni e le formalità previste dalle citate disposizioni.

Continuità aziendale

Ad ulteriore agevolazione della continuità aziendale, l’art. 7 del D.L. 23/2020 dispone che la valutazione delle voci nella prospettiva di continuità, di cui all’art. 2423-bis comma primo, n. 1 c.c., può, comunque, essere operata se risulta sussistente nell’ultimo esercizio chiuso in data antecedente il 23 febbraio 2020.

Disapplicazione della postergazione dei finanziamenti soci

Infine, l’art. 8 del D.L. 23/2020 dispone che ai finanziamenti effettuati a favore delle società responsabilità limitata (e, ove si segua l’interpretazione di larga parte della giurisprudenza di legittimità, sia pure ricorrendo determinate condizioni anche delle società per azioni), nonché ai finanziamenti effettuati nell’ambito delle attività di direzione e coordinamento societario, non si applica la postergazione prevista dagli artt. 2467 e 2497-quinques c.c. Tali disposizioni, da un lato, consentono agli amministratori ed agli organi di controllo di svolgere con serenità l’attività di ristrutturazione.

La disapplicazione della postergazione, dall’altro lato, consente ai soci o ai soggetti in posizione di controllo di finanziare il PRA, immettendo liquidità nella società, con il vantaggio di poter selezionare liberamente la tipologia di finanziamento, a tutto beneficio della elasticità del piano prescelto.

Ammortizzatori sociali

Il D.L. 18/2020, prevede tre linee di intervento in materia di ammortizzatori sociali per le aziende in difficoltà a causa dell’emergenza COVID-19:

  • nuova cassa integrazione ordinaria ma conteggiata oltre i limiti di legge, anche per le aziende che stanno già utilizzando trattamenti di integrazione straordinari;
  • fondo di integrazione salariale rafforzato per aziende con più di 5 dipendenti, escluse dalla CIGO, anche per chi utilizza assegni di solidarietà;
  • cassa integrazione in deroga per le aziende non coperte dalle misure precedenti, quindi senza limitazioni nel numero di dipendenti.

In tutti casi, il periodo massimo previsto è di nove settimane e le modalità di accesso sono semplificate. La causale COVID-19 permette l’applicazione degli ammortizzatori in deroga alla normativa generale e, tra l’altro, consente di non tenere conto delle nove settimane, ai fini del conteggio dell’utilizzo massimo degli ammortizzatori sociali nel biennio e nel quinquennio e di essere esentati dal pagamento della contribuzione aggiuntiva che scatta di norma quando si accede a questi strumenti.

Finanziamenti a garanzia pubblica

Il Decreto liquidità è fondato sulle garanzie di Stato sui prestiti bancari, tramite due canali di accesso:

Il finanziamento garantito dal Fondo PMI ha le seguenti caratteristiche di base:

  1. la garanzia di base del Fondo copre il 90% dell’importo del finanziamento;
  2. l’importo garantito potrà arrivare sino 5 milioni di euro;
  3. i finanziamenti avranno durata massima di 6 anni;
  4. l’istruttoria per il rilascio è alleggerita.

Tali regole generali hanno le seguenti eccezioni:

1. finanziamenti fino a 25.000 euro e non oltre il 25% dei ricavi:

  • la garanzia è del 100%;
  • non c’è valutazione del merito creditizio, ma il prestito viene erogato in base ad una autocertificazione sui ricavi;
  • la restituzione è in sei anni, con inizio del rimborso non prima di due anni;
  • possono essere erogati anche ai lavoratori autonomi;
  • il tasso di interesse è rapporto al Renditato con una maggiorazione dello 0,2%.

2. finanziamenti coperti da garanzia rilasciata dal Fondo PMI per il 90%, qualora l’ulteriore 10% sia garantito da consorzi fidi privati, cui l’impresa possa avere accesso:

  • sono erogabili solo ad imprese (non quindi ad autonomi) con una
  • forza lavoro fino a 499 dipendenti, che abbiano ricavi fino a 3,2 milioni e comunque entro il 25% del fatturato;
  • la garanzia complessiva è del 100%;
  • l’impresa deve autocertificare i danni da Covid-19;
  • non è previsto un tasso minimo (cap) né una durata massima del rimborso.

L’importanza della copertura penale e civile, garantita dal PRA all’imprenditore ed ai suoi finanziatori, risulta evidenziata chiaramente dalla considerazione che, al di fuori di un rigoroso piano attestato, l’uso del finanziamento garantito dallo Stato (il cui eventuale credito di rivalsa che sorge nell’eventualità in cui la banca garantita lo escuta è assistito da privilegio) potrebbe costituire uno strumento ad elevato rischio sia di tenuta civilistica che di responsabilità penale per i titolari delle posizioni di garanzia, soprattutto se rivolto, direttamente o indirettamente, alla copertura di pregresse.

Evoluzione del PRA alla luce dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

L’art. 56 del Codice della crisi e dell’insolvenza, la cui entrata in vigore è slittata al 1° settembre 2021, stabilisce che il piano attestato di risanamento deve avere data certa, e dunque forma scritta, ed avere contenuto analitico, con la precisazione, volta a scongiurare condotte opportunistiche o collusive, che anche gli atti unilaterali od i contratti esecutivi devono essere provati per iscritto e devono avere data certa.

La previsione è volta a colmare un’oggettiva carenza dell’originario sistema legislativo concorsuale e risulta perfettamente coerente con i principi per la redazione dei piani di risanamento elaborati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili nel settembre 2017, avendo come obiettivo quello di definire forma e sostanza di uno degli strumenti solutori di una crisi d’impresa che ha fatto registrare una massiva applicazione nella prassi ristrutturativa, ma che, al tempo stesso e su base statistica, è risultato spesso inidoneo a consentire un effettivo risanamento, vedendo seguire procedure concorsuali più invasive ed essendosi così dovuta verificare, alla prova dei fatti, la sua effettiva capacità esentiva fallimentare e penale.

Il Codice della crisi di impresa consegna un nuovo diritto concorsuale, ancora maggiormente orientato verso soluzioni in continuità, risolutive di uno stato di crisi in via anticipata prima che divenga irreversibile e fondate su base pattizia, essendovi l’auspicio che la riforma degli istituti del piano di risanamento e dell’accordo di ristrutturazione consenta finalmente di giungere alla gestione di una crisi di impresa sulla base di un processo di effettiva composizione nell’interesse di tutte le parti interessate, abbandonando lo schema (purtroppo, sempre e troppo ricorrente) di contrapposizione tra parti private e pubbliche; tutto ciò naturalmente a condizione che muti la cultura imprenditoriale e, superandosi il diffuso problema dell’assenza di autocoscienza del limite, si affronti tempestivamente uno stato di crisi.

Le regole, in altre parole, sono utili ma la loro efficacia concreta non può che dipendere da una capacità reattiva imprenditoriale, da una maggiore visione aziendalistica dell’autorità giudiziaria e da una oculata gestione della crisi da parte dei consulenti che assistono l’impresa.

 REGIO DECRETO 267 / 1942 art. 67 comma 3, lett. d)CODICE DELLA CRISI DI IMPRESA E DELL’INSOLVENZA art. 56
Presupposto soggettivoImprenditore assoggettabile a fallimentoImprenditore assoggettabile a liquidazione giudiziale
Presupposto oggettivoDifficoltà non irreversibileDifficoltà non irreversibile
FormaData certa e forma scritta
ContenutoContenuto analitico e tipico
FinalitàRisanamento dell’impresa, non mera liquidazioneRisanamento dell’impresa, non mera liquidazione
AttestazioneVeridicità dei dati e fattibilità del PianoVeridicità dei dati e fattibilità del Piano
Durata

Il confronto fra le previsioni di cui all’art. 56 del CCII e quelle del comma 3, lett. d) dell’art. 67 L.F., evidenzia la volontà del Legislatore di meglio disciplinare i PRA, sino ad oggi regolamentati esclusivamente negli effetti nell’ambito delle esenzioni all’azione revocatoria fallimentare.

L’articolo 56 CCII definisce il contenuto minimo obbligatorio del piano, anche con riferimento alla tempistica delle azioni da compiersi e dei rimedi da adottare in caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto.

REGIO DECRETO 267 / 1942   art. 67 comma 3, lett. d) Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzieCODICE DELLA CRISI DI IMPRESA E DELL’INSOLVENZA   art. 56 Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento
…..
Non sono soggetti all’azione revocatoria:
……
d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché’ posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo; il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore; …..
1. L’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza può predisporre un piano, rivolto ai creditori, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria. 2. Il piano deve avere data certa e deve indicare: a) la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell’impresa; b) le principali cause della crisi; c) le strategie d’intervento e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria; d) i creditori e l’ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative; e) gli apporti di finanza nuova; f) i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonché’ gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto. 3. Al piano debbono essere allegati i documenti di cui all’articolo 39. 4. Un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica e giuridica del piano. 5. Il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore. 6. Gli atti unilaterali e i contratti posti in essere in esecuzione del piano devono essere provati per iscritto e devono avere data certa.

Conclusioni e possibili scenari nell’immediato futuro

L’emergenza COVID-19 ha determinato un pesante impatto sulle imprese, le quali sono tuttavia in grado di prevedere gli effetti dello stesso ed hanno così la possibilità sfruttando la legislazione emergenziale e gli strumenti di soluzione della crisi vigenti, di limitare l’incidenza degli effetti dannosi diluendoli in più esercizi al fine di evitare che la crisi divenga definitiva e senza via d’uscita.

A tal fine, lo strumento dei PRA, coniugato con le moratorie previste alla legislazione di emergenza, appare di agevole adozione per quegli imprenditori che affrontano la crisi partendo da situazioni di relativa solidità.

Risulta evidente che le misure di sostegno finanziario dovranno intervenire tempestivamente, poiché, in mancanza di esse, sarà difficile poter redigere dei PRA dotati di effettiva efficacia e che consentano una ripresa in tempi compatibili con la sopravvivenza delle imprese.

Quella esaminata è, in ultima analisi, una opzione versatile e idonea, in tempi tanto confusi da essere attentamente valutata dalle singole imprese all’indomani della pandemia. I meccanismi e gli incentivi messi in campo dal sistema per ridare respiro alle imprese ed una interpretazione flessibile del PRA, quale strumento non solo di diluizione del debito, ma di riprogettazione coraggiosa dell’attività, possono dare all’istituto una vitalità finora poco apprezzata.

Si può ritenere che il PRA sia, nel contesto attuale, il solo strumento in grado di premiare l’imprenditore che sa riorganizzarsi da sé, programmando in autonomia una ricomposizione della crisi, al di fuori dalle irreggimentate corsie concorsuali, proprie degli accordi di ristrutturazione e dei procedimenti di concordato.

Infine, il PRA è l’unico strumento che consente finanche di frammentare il fronte dei creditori, legittimando differenze di trattamento, ove giustificate da un “progetto d’impresa”. Ciò probabilmente conferisce una forza inedita, soprattutto nel frangente in cui si tratta di riarticolare relazioni contrattuali, di finanziamento, di lavoro, di capitale, adottando programmazioni lungimiranti e ambiziose.

Prima dell’attuale scenario emergenziale, la tutela dal rischio del credito sulle erogazioni delle Banche alle imprese in crisi avveniva principalmente tramite la prededucibilità ex artt. 182-quater e 182-quinques L.F., in tale contesto la “nuova finanza” veniva erogata a seguito di accordi di ristrutturazione dei debiti, ma non tramite un PRA, strumento che, non garantendo prededuzione, è stato spesso riservato a semplici moratorie accompagnate da specifici atti da proteggere.

Nessun trattamento prededucibile è infatti previsto per la nuova finanza erogata in relazione a un PAR, dove la disciplina della nuova finanza è limitata alla disciplina dell’esenzione da revocatoria. Peraltro, prededuzione ed esenzione da revocatoria risultano strettamente correlate, atteso che la prima rappresenta la disciplina, nel caso di insuccesso del tentativo di risanamento (fallimento), dei crediti da nuova finanza sorti ma non ancora estinti, mentre la seconda ha ad oggetto i crediti sorti e già soddisfatti.

La disponibilità di liquidità per le imprese derivante dalle previsioni dei Decreti emergenziali consentirà invece erogazioni di nuova finanza garantita alle imprese che entrano in crisi a causa del Covid-19, anche solo con la copertura di un PRA ex art. 67 L.F. La garanzia sarà compresa tra l’80% ed il 90%, senza contare la riassicurazione. Trattasi di una garanzia pubblica, di notevole efficacia, che ben può essere paragonata come qualità di collaterale alla prededuzione, circa la tenuta della quale, in realtà, occorre poi confrontarsi con la reale capienza degli attivi in sede fallimentare.

Ai fini del Piano ex art.67 L.F. non è tecnicamente necessaria la collegialità delle banche e un’impresa può presenta un piano a più istituti bancari, e procedere a negoziazioni (anche unilaterali) rispetto a nuova finanza, sino a concorrenza dell’importo previsto a piano (non superiore ai 5 milioni ai fini della garanzia).

Infine, il PRA potrebbe essere idoneo ad una rinegoziazione del debito pregresso, supportata dalla previsione di garanzia del Fondo per l’80% sul rifinanziamento con piccola (10%) nuova finanza.

Il PRA infine consente di attivare una sorta scudo penale per chi eroghi finanza alle imprese in questa fase di emergenza pandemica, in quanto passibile di azione per concorso in bancarotta o erogazione abusiva del credito.

Infatti si consentirebbe di eliminare una parte delle remore degli operatori finanziari chiamati ad istruire le pratiche di finanziamento agevolato previste dal Decreto Liquidità. Sono già molte infatti le voci che si levano a dire che se ai già molti ostacoli che contrappuntano la strada dell’ottenimento di tali finanziamenti si aggiunge il timore di chi eroga il credito di restare coinvolto in vicende penali, allora questi assumerà un atteggiamento cauto e difensivo il che ritarderà sul piano sistemico la concessione dei finanziamenti e attiverà un meccanismo di selezione avversa, finendo per far confluire il danaro su imprese che non ne hanno veramente ed urgentemente bisogno.

Opportunità offerte dal PRA nel contesto emergenziale
Le imprese “in bonis” sono potenzialmente in grado di prevedere l’impatto negativo dell’emergenza COVID-19 e pertanto hanno la possibilità sfruttando la legislazione emergenziale e gli strumenti di soluzione della crisi vigenti, di limitare l’incidenza degli effetti dannosi diluendoli in più esercizi al fine di evitare che la crisi divenga definitiva e senza via d’uscita
L’utilizzo dei PRA, coniugato con le moratorie previste alla legislazione di emergenza, appare di agevole adozione per quegli imprenditori che affrontano la crisi partendo da situazioni di relativa solidità.
I meccanismi e gli incentivi messi in campo dal sistema per ridare respiro alle imprese e l’applicazione del PRA, non solo di diluizione del debito, ma per una riprogettazione coraggiosa dell’attività, possono contribuire non solo il mantenimento del valore aziendale ma anche ad un suo rafforzamento
Il PRA risulta essere l’unico strumento in grado di premiare l’imprenditore che sa riorganizzarsi da sé, programmando in autonomia una ricomposizione della crisi, all’esterno dalle irreggimentate corsie concorsuali, proprie degli accordi di ristrutturazione e dei procedimenti di concordato
il PRA consente di frammentare il fronte dei creditori, legittimando differenze di trattamento, ove giustificate da un “progetto d’impresa”. È possibile pensare a un’impresa che presenta un piano a più istituti bancari, e procede a negoziazioni anche unilaterali rispetto a nuova finanza che può chiedere a più banche
La disponibilità delle risorse del Fondo ex articolo 13, lettera d), del Dl 23/2020 consentirà erogazioni di nuova finanza garantita alle imprese che entrano in crisi solo a causa di Covid-19, anche solo con la copertura di un piano ex articolo 67 della Legge fallimentare. La garanzia sarà compresa tra l’80% e il 90%, senza contare la riassicurazione. Si tratta di una garanzia pubblica, di notevole efficacia e paragonabile alla prededuzione
Il PRA infine consente di attivare una sorta scudo penale per chi eroghi finanza alle imprese in questa fase di emergenza pandemica, in quanto passibile di azione per concorso in bancarotta o erogazione abusiva del credito.
Il PRA potrebbe consentire la rinegoziazione del debito pregresso, con la previsione di garanzia del Fondo per l’80% sul rifinanziamento con piccola (10%) nuova finanza

Francesco Carnevali