Dal 25 dicembre 2019 l’entrata in vigore della Legge n.157 del 19/12/2019 (di conversione del Decreto legge n.124 del 26/10/2019, “Decreto fiscale”) ha aggiornato il Decreto legislativo n.231 dell’8/6/2001 (“Decreto 231”, “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”), introducendo l’articolo 25-quinquiesdecis dal titolo “Reati tributari” che prevede pesanti sanzioni pecuniarie per specifici reati tributari (ved. oltre). Ciò allo scopo di rendere più efficace la repressione dell’evasione fiscale.
In fase di conversione, inoltre, la legge n.157 ha modificato anche l’articolo 39 del Decreto fiscale, che a sua volta aggiornava il D.Lgs. n.74 del 10/3/2000 (“Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”). La modifica di quest’ultimo Decreto, che già prevedeva sanzioni di tipo detentivo per gravi reati tributari, ha ulteriormente inasprito le pene introducendo per essi la confisca di beni di non giustificata provenienza, riducendone le soglie di punibilità e introducendo altresì sanzioni amministrative in casi specifici. Il combinato dell’Art. 25-quinquiesdieces.
Vediamo quindi quanto previsto dal Decreto 231 fino al 25 dicembre 2019 (data di entrata in vigore dell’aggiornamento effettuato con la Legge n.157) a confronto con l’aggiornamento successivamente introdotto sia con il nuovo articolo 25-quinquiesdecis sia con la modificadell’articolo 39.
Delitto previsto | D. Lgs. n.231 dell’8/6/2001 | Legge n.157 del 19/12/2019 |
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti oltre 100.000 euro | Art. 2: reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni | Reclusione da 4 a 8 anni, confisca dei beni di non giustificata provenienza; Art. 25-quinquiesdecis, comma 1, punto a): sanzione pecuniaria fino a 500 quote (1) (cioè compresa tra 129.000 e 774.500 euro) |
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti fino a 100.000 euro | Art. 2: reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni | Art. 2 comma 2-bis: reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni; Art. 25-quinquiesdecis, comma 1, punto b): sanzione pecuniaria fino a 400 quote (cioè compresa tra 103.200 e 619.600 euro) |
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (**) | Art. 3: reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni | Reclusione da 3 a 8 anni, confisca dei beni di non giustificata provenienza oltre i 100.000 euro; Art. 25-quinquiesdecis, comma 1, punto c): sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote (cioè compresa 129.000 e 774.500 euro) |
Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti oltre 100.000 euro | Art. 8: reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni | Reclusione da 4 a 8 anni, confisca dei beni di non giustificata provenienza; Art. 25-quinquiesdecis, comma 1, punto d): sanzione pecuniaria fino a 500 quote (cioè compresa tra 129.000 e 774.500 euro) |
Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti fino a 100.000 euro | Art. 8: reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni | Art. 8: reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni; Art. 25-quinquiesdecis, comma 1, punto e): sanzione pecuniaria fino a 400 quote (cioè compresa 103.200 e 619.600 euro) |
Occultamento o distruzione di documenti contabili | Art. 10: reclusione da 6 mesi a 4 anni | Art. 10: Reclusione da 3 a 7 anni, confisca dei beni di non giustificata provenienza; Art. 25-quinquiesdecis, comma 1, punto f): sanzione pecuniaria fino a 400 quote (cioè compresa 103.200 e 619.600 euro) |
Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte | Art. 11: reclusione da 6 mesi a 4 anni | Art. 11: reclusione da 6 mesi a 4 anni, confisca dei beni di non giustificata provenienza; Art. 25-quinquiesdecis, comma 1, punto g): sanzione pecuniaria fino a 400 quote (cioè compresa 103.200 e 619.600 euro) |
(*) La quota varia da euro 258 a euro 1.549, stabilita anche sulla base della situazione economico-patrimoniale dell’azienda.
(**) Nel caso in cui una singola imposta evasa superi i 30.000 euro e l’ammontare dell’attivo sottratto a imposizione superi il 5% dell’ammontare complessivo di quelli indicati in dichiarazione o 1,5 milioni di euro, ovvero quando l’importo di crediti e ritenute fittizi superi il 5% dell’imposta o 30.000 euro.
Il comma 2 dell’articolo 25-quinquiesdecis prevede inoltre che “se, in seguito alla commissione dei delitti indicati al comma 1, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo”.
I Reati Tributati
I reati per i quali la Legge 157 ha inasprito pene pecuniarie e detentive sono quindi cinque, come definiti dal D.Lgs. n.74 del 10/3/2000 (e successivo aggiornamento D.Lgs. n158 del 24/9/2015). Nello specifico:
Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti per indicare elementi passivi fittizi.
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Utilizzo di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, per indicare elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi. Il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
Non costituiscono tuttavia mezzi fraudolenti la sola violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.
Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Emissione o rilascio di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti. L’emissione o il rilascio di più’ fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.
Occultamento o distruzione di documenti contabili. Occultamento o distruzione, in tutto o in parte, delle scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, ciò al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di consentire l’evasione a terzi,
Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. Alienare simulatamente o compiere altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.
Le Sanzioni interdittive
Un’ultima importante considerazione va fatta a proposito delle sanzioni interdittive previste dal Decreto 231 (Art. 9 comma 2 e Art. 13), che si possono aggiungere alle sanzioni pecuniarie e alle pene detentive.
Si tratta di misure che a differenza delle altre due fattispecie, possono creare un grave danno all’attività stessa dell’azienda e che per questo devono essere considerate attentamente anche in sede di creazione di modelli di organizzativi e di gestione interni.
Le sanzioni interdittive si riferiscono al divieto di svolgere specifiche attività o alla limitazione dell’esercizio di una facoltà prevista dalla legge. Nel caso dei reati tributari le sanzioni interdittive hanno una durata temporanea (non inferiore a 3 mesi e non superiore a 2 anni) e non applicano se “l’autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l’ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo” e se “il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.
Nel caso dei reati tributari le sanzioni interdittive previste sono:
- l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
- la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
- il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
- l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
- il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Com’è evidente, il blocco anche solo temporaneo di specifiche attività può avere importanti ripercussioni sulla prosecuzione della vita aziendale. Per questo motivo è essenziale che le imprese si dotino di un modello di organizzazione gestione e controllo efficiente, in grado di monitorare per esempio le attività delle figure apicali, dei relativi sottoposti e della gestione delle deleghe, i flussi documentali, il rispetto delle normative e tutto ciò che rientra nella definizione generica di “modello organizzativo 231”.
Infatti, va ricordato che (Art. 17, comma 1, punti a e b), che “le sanzioni interdittive si applicano (…) quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
- l’ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all’altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative;
- in caso di reiterazione degli illeciti.
Uno sforzo che non è solo volto solo a prevenire “pericoli”, ma anche a gestire eventuali problematiche fiscali inattese che dovessero presentarsi.
Riparazione delle conseguenze del reato
È infatti l’Art. 17 del Decreto 231 che mostra come il Fisco, accanto all’attività sanzionatoria, preveda anche una via di uscita in caso di “ravvedimento operoso”.
L’articolo in questione recita infatti (comma 1):
“Ferma l’applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condizioni:
- l’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
- l’ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- l’ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca”.
Come si vede, è il Legislatore a fare esplicito riferimento all’”attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati”.
Ciò vale anche per le pene pecuniarie previste dall’Art. 12, che prevede la riduzione dell’eventuale sanzione pecuniaria anche se “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado:
- l’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
- è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi”
Il che significa che, se un’azienda riconosce per tempo di aver commesso un reato tributario che può essere sanzionato con pene pecuniari e/o con pene detentive delle figure responsabili e con sanzioni interdittive, le prime potranno essere ridotte da metà a un terzo, mentre le ultime potranno essere evitate solo con una riorganizzazione efficace dell’organizzazione interna.
La Redazione