Nella Lettera al Mercato del 14 luglio 2021, IVASS ha rilevato carenze nelle Compagnie nella gestione e valutazione dei rischi associati agli strumenti finanziari illiquidi. Gli investimenti in asset illiquidi comportano rischi nella determinazione del fair value e nella misurazione dei rischi specifici, influenzando il Solvency Capital Requirement (SCR). IVASS richiede politiche e procedure adeguate, una funzione di Risk Management competente e verifiche periodiche da parte dell’Internal Audit. La metodologia proposta prevede che le Compagnie possano valutare autonomamente il prezzo degli strumenti illiquidi, rispettando il principio di proporzionalità e collaborando con soggetti terzi vigilati.
Premessa
Nelle ultime settimane si sta assistendo ad una rinnovata attenzione degli operatori sul tema della valutazione degli strumenti illiquidi, alla luce delle raccomandazioni del Regolatore.
In particolare, IVASS, nella Lettera al Mercato del 14 luglio 2021, ha evidenziato come molte Compagnie non abbiano adeguatamente rafforzato gli strumenti per gestire i rischi legati agli investimenti in asset illiquidi e complessi. Sono state riscontrate carenze nei sistemi di gestione dei rischi, nelle metodologie di valutazione dei rischi, nei sistemi di pricing e controllo e nel calcolo degli assorbimenti patrimoniali di tali asset.
Investire in strumenti finanziari illiquidi e complessi comporta due principali rischi: la difficoltà nel determinarne il fair value, influenzando la valutazione dei fondi propri, e l’inadeguata identificazione e misurazione degli specifici fattori di rischio, influenzando il calcolo del Solvency Capital Requirement (SCR).
Per gestire questi aspetti, IVASS richiede al Consiglio di Amministrazione di assicurare che le politiche e procedure di valutazione degli investimenti siano adeguate e basate sul Reg. IVASS 34/2017. La Funzione Risk Management deve avere risorse e competenze adeguate e fornire giudizi al Consiglio, mentre la Funzione di Internal Audit deve valutare periodicamente l’efficacia dei sistemi organizzativi e delle attività di gestione dei rischi.
IVASS sottolinea che la detenzione di strumenti finanziari illiquidi e complessi è permessa solo se rispettano requisiti specifici, in conformità al principio della persona prudente, con l’implementazione di un efficace sistema di gestione dei rischi proporzionato alla complessità del portafoglio e la determinazione indipendente del fair value, con controlli periodici e verifiche indipendenti. IVASS richiama anche l’art. 5 del Reg. IVASS 28/2016, che richiede trasparenza per i fondi contenenti strumenti complessi. Se IVASS riscontra carenze durante le ispezioni, può richiedere aumenti di capitale (capital add-on) per coprire i rischi.
Il documento congiunto Banca d’Italia/Consob/IVASS n. 8 del 14 aprile 2020 ribadisce l’importanza di stimare il fair value degli strumenti illiquidi usando tutte le informazioni disponibili, senza limitarsi al valore fornito dal fondo (NAV). Tutte queste disposizioni devono essere applicate rispettando il principio di proporzionalità, che richiede che le compagnie di assicurazione adeguino risorse e processi alla complessità del loro portafoglio.
Una Compagnia di assicurazione potrebbe decidere di adottare una metodologia per valutare e controllare le valutazioni degli strumenti illiquidi e complessi effettuate dai gestori esteri presenti in portafoglio, rafforzando così la conformità alle previsioni IVASS. Questa metodologia rappresenterebbe l’inizio di un piano d’azione più ampio e a medio-lungo termine.
La metodologia di seguito proposta permetterebbe alla Compagnia di esprimere autonomamente un’opinione sul prezzo degli strumenti illiquidi e complessi in portafoglio, valutando in particolare il NAV (Net Asset Value) calcolato da un soggetto terzo vigilato. Inoltre, rispetterebbe il principio di proporzionalità, garantendo un adeguato impegno da parte dell’impresa senza duplicare le valutazioni effettuate da un soggetto terzo. Infine, prevederebbe un impegno proporzionato e differenziato in base allo strumento oggetto di valutazione, distinguendo tra le differenti tipologie di asset class illiquide o complesse.
Framework valutativi per gli strumenti illiquidi
2.1 Dottrina prevalente
La dottrina accademica prevalente sulla valutazione degli asset illiquidi evidenzia alcuni aspetti chiave. La liquidità di un asset tende a diminuire con l’aumento dei costi di transazione e della rischiosità associata allo strumento. Questi fattori determinano un premio aggiuntivo sul tasso di attualizzazione da utilizzare nella valutazione. Il rendimento medio dei titoli altamente sensibili alla liquidità supera quello dei titoli meno sensibili, una volta corretto per le esposizioni al rendimento di mercato e per i fattori di dimensione, valore e momentum. Inoltre, riguardo al ruolo dell’asimmetria delle informazioni e delle frizioni di mercato nella valutazione degli asset illiquidi, si sostiene che l’illiquidità, limitando o talvolta sospendendo temporaneamente il timing delle compravendite, sia rilevante nell’ottimizzazione del portafoglio. Questo condiziona gli operatori nel modificare le strategie di diversificazione e scegliere profili maggiormente polarizzati.
Gli assunti della dottrina suggeriscono di affrontare la valutazione degli strumenti illiquidi con un metodo sistematico, relativo e basato sui dati. Questo metodo mira a valutare l’affidabilità delle valutazioni degli asset illiquidi appartenenti a categorie omogenee, esaminando i rendimenti registrati e scorporando gli effetti degli input osservabili (come l’andamento dei tassi di interesse senza rischio, coerenti per valuta e scadenza dei titoli).
2.2 IFRS
In ambito di principi contabili internazionali il riferimento è IFRS 13 “Fair Value Measurement”. Tale principio stabilisce che le tecniche di valutazione per determinare il fair value devono massimizzare l’uso di input osservabili e minimizzare l’uso di input non osservabili. Gli input delle tecniche di valutazione sono classificati in tre livelli, noti come gerarchia del fair value.
Gli input di Livello 1 includono prezzi quotati in mercati attivi per attività o passività identiche alla data di valutazione e costituiscono la prova più attendibile del fair value.
Gli input di Livello 2 comprendono prezzi quotati per attività simili in mercati attivi, prezzi quotati per attività identiche o simili in mercati non attivi, dati come tassi di interesse, curve dei rendimenti osservabili, volatilità implicite e spread creditizi, e input corroborati dal mercato, che possono essere rettificati per tener conto dei fattori specifici dell’attività.
Gli input di Livello 3, invece, sono non osservabili e vengono utilizzati solo quando non sono disponibili input di Livello 1 o 2; devono comunque riflettere le assunzioni che gli operatori di mercato utilizzerebbero nel determinare il prezzo, incluse le assunzioni sul rischio, con i necessari risk adjustment.
Le tecniche di valutazione mirano a stimare il prezzo a cui avverrebbe una regolare operazione di vendita di un’attività tra operatori di mercato alla data di valutazione, alle condizioni di mercato correnti. Le tecniche più utilizzate sono il metodo basato sulla valutazione di mercato, che utilizza prezzi e altre informazioni rilevanti da operazioni di mercato riguardanti attività identiche o comparabili, il metodo del costo, che riflette l’ammontare richiesto per sostituire la capacità di servizio di un’attività al momento della valutazione, e il metodo reddituale, che converte importi futuri in un unico importo attualizzato, riflettendo le attuali aspettative del mercato su tali importi futuri. Quest’ultimo include tecniche del valore attuale, modelli di misurazione del prezzo delle opzioni come la formula di Black-Scholes-Merton o il modello degli alberi binomiali, e il metodo degli utili in eccesso, utilizzato soprattutto per valutare il fair value di attività immateriali.
Metodologia proposta
La metodologia proposta individua, in fase di analisi, le categorie di strumenti illiquidi da monitorare. Mira, dunque, a creare un campione di strumenti finanziari omogenei all’interno di un portafoglio investimenti più grande, ad esempio fondi di investimento di Private Equity, di Real Estate, di Private Debt, di investimenti infrastrutturali ed altro.
Dopo aver individuato le categorie si ricostruiscono le serie storiche dei Net Asset Value (NAV) di ogni fondo/strumento tramite le informazioni fornite direttamente dai gestori di tali strumenti. Trattandosi quindi di strumenti illiquidi, si procede ad eliminare le variabili osservabili che condizionano la valorizzazione dello strumento, quali ad esempio i dividendi distribuiti (natura economica), l’impatto della curva Risk Free (natura finanziaria) e tutti gli aumenti/diminuzioni in conto capitale di quote (natura gestionale). Successivamente si calcola il valore della quota del fondo al netto delle variabili sopra citate ottenendo il rendimento in un certo orizzonte temporale (es. trimestrale).
Si procede successivamente con il calcolo del fattore Alfa. Tale coefficiente permette di intercettare lo scostamento del rendimento del fondo rispetto alla media del campione, rispecchiando la capacità del gestore nel rendere sistematicamente più (o meno) della media.
Avendo rimosso questi elementi osservabili dalle componenti del NAV di ogni fondo, per differenza si ottiene la performance effettivamente attribuibile all’illiquidità dello strumento e, in questo modo, è possibile rappresentare le serie storiche dei NAV “netti fattori osservabili” e costruire soglie di tolleranza, calcolate sulla base del rendimento e della volatilità media del campione (in funzione dei dati medi di indici di benchmark di mercato) per ogni step temporale.
L’output finale (in figura sotto) consiste in due dashboard rappresentanti il rendimento rolling a un anno e la variazione del rendimento rispetto allo step temporale precedente che segnalano: in verde i dati compresi entro la prima soglia di tolleranza e che dunque risultano in linea con il mercato, in giallo le osservazioni comprese tra la prima e la seconda soglia di tolleranza e che dunque registrano scostamenti dal mercato non troppo significativi e in rosso le osservazioni oltre la seconda soglia di tolleranza e che dunque registrano uno scostamento significativo.
FIGURA 1 – DASHBOARD DEI RENDIMENTI ANNUI ROLLING
FIGURA 2 – GRAFICO DEI RENDIMENTI ANNUI ROLLING
FIGURA 3 – DASHBOARD DELLE VARIAZIONI DEI RENDIMENTI TRIMESTRE vs TRIMESTRE PRECEDENTE
FIGURA 4 – GRAFICO O “SCIAME” DELLE VARIAZIONI DEI RENDIMENTI TRIMESTRE vs TRIMESTRE PRECEDENTE
Disponendo di questi dati è poi possibile definire un processo di escalation basato sulla rilevazione oggettiva di valorizzazioni “anomale”. Questi processi ovviamente possono essere attivati sia in funzione della valutazione della performance storica dello strumento, sia in funzione della magnitudine dello scostamento calcolato nell’ultima rilevazione e definiti ad hoc, in base alle esigenze dell’impresa.
Conclusioni
IVASS evidenzia carenze nella gestione dei rischi legati agli investimenti in asset illiquidi e complessi, chiedendo alle Compagnie di assicurazione di adottare adeguate politiche e procedure di valutazione ma senza dare indicazioni precise sulle effettive misure da applicare.
IVASS ribadisce l’importanza di un sistema di controllo efficace ma al tempo stesso non fornisce indicazioni precise su come organizzare tale framework: è quindi importante per le Compagnie poter utilizzare un sistema efficace e che non gravi sull’operatività quotidiana ma che al tempo stesso sia adeguato alla complessità dei loro portafogli, rispettando il principio di proporzionalità.
La metodologia proposta in questo articolo consiste in un controllo di primo livello sugli strumenti illiquidi che riesce ad individuare le anomalie nei rendimenti degli strumenti illiquidi e propone un processo di escalation connessa a parametri oggettivi, mantenendo un effort minimo sulle risorse interne.
Il processo di escalation è dunque basato su criteri oggettivi, misurabili e adattabili al profilo di ogni realtà, che permettono un monitoraggio efficace e un’azione tempestiva per affrontare le discrepanze rilevate.
Stefano Carlino, Founding Partner di Carlino, Costanzo & Associati
Emanuele D’Imprima, Associato di Carlino, Costanzo & Associati
Edoardo Benzo, Junior Consultant di Carlino, Costanzo & Associati