Banca d’Italia ha emesso una importante la nota “APPLICAZIONE DELLA DEFINIZIONE DI DEFAULT AI SENSI DELL’ARTICOLO 178 DEL REGOLAMENTO (UE) n. 575/2013 E ADEGUAMENTO DELLE DEFINIZIONI DI ESPOSIZIONI CREDITIZIE DETERIORATE” in relazione all’applicazione della definizione di default ai sensi dell’art. 178 del Regolamento (UE) n. 575/2013 e all’adeguamento delle definizioni di esposizioni creditizie deteriorate.
Il regolamento (UE) n. 575/2013 ha introdotto, infatti, una nuova definizione di default e nuove definizioni alle quali devono adeguarsi le esposizioni creditizie deteriorate (i.e. le sofferenze, le inadempienze improbabili e le esposizioni scadute deteriorate) e le esposizioni creditizie ristrutturate o con oggetto concessioni (cd. forbearance). Le nuove, più restrittive definizioni disposte dall’EBA mediante le proprie linee guida e dal suddetto regolamento hanno necessariamente un impatto significativo sulla governance, sui dati, sui processi e sui sistemi d’impresa bancaria a partire dalla data della relativa entrata in vigore, vale a dire dal 1° gennaio 2021.
Gli standard di definizione di default si applicano alle società che utilizzano:
- il metodo “internal rating-based approach” (IRB, d’ora in avanti) in conformità alla Parte Tre, Titolo II, Capo 3 del Regolamento (UE) n. 575/2013 (a tutte le esposizioni),
- il metodo standardizzato per il rischio di credito in virtù del riferimento all’articolo 178 nell’articolo 127 del Regolamento (UE) n. 575/2013 (alle esposizioni rilevanti).
In particolare, gli istituti che utilizzano il metodo IRB devono avere una definizione di default approvata dall’organo di gestione e devono utilizzare la definizione di default in modo coerente ai fini del calcolo dei requisiti dei fondi e del ruolo significativo dei processi di gestione del rischio.
LA DEFINIZIONE DI DEFAULT
Ai sensi dell’articolo 178 del regolamento n. 575/2013, si considera la condizione di default avvenuta nei confronti di un determinato debitore quando si sono verificati uno o entrambi delle seguenti circostanze:
- l’istituto creditizio ritiene improbabile che il debitore sia in grado di pagare integralmente le proprie obbligazioni creditizie nei confronti dell’istituto, dell’impresa madre o di una delle sue controllate, senza che l’ente ricorra ad azioni quali il realizzo di garanzie;
- il debitore è in ritardo di oltre 90 giorni su una qualsiasi obbligazione creditizia rilevante nei confronti dell’ente, dell’impresa madre o di una sua filiazione. Le autorità competenti possono sostituire i 90 giorni con 180 giorni per le esposizioni garantite da immobili residenziali o commerciali di PMI nella classe di esposizioni al dettaglio, nonché per le esposizioni verso enti del settore pubblico.
LA NOTA DI CHIARIMENTI DELLA BANCA D’ITALIA
Tra i punti di maggior rilievo trattati dalla Banca d’Italia sono meritevoli di menzione i chiarimenti forniti in materia di calcolo delle soglie e di quantificazione dell’obbligazione creditizia in arretrato e quelli forniti in relazione alle condizioni per il ritorno ad uno stato di non-default, ovvero per il ripristino in bonis di un’esposizione o di un debitore nei casi di i) esposizioni deteriorate oggetto di concessioni e di ii) limitati periodi di ritardi nei pagamenti durante il periodo di prova (o cure period).
Calcolo delle soglie di rilevanza e quantificazione dell’obbligazione creditizia in arretrato.
Per quanto concerne il primo aspetto, i passaggi più rilevanti riguardano i gruppi bancari e le rispettive società controllate e/o sussidiarie, le esposizioni connesse con l’erogazione di servizi di tesoreria e i crediti per leasing.
In particolare, l’istituto di via Nazionale rimanda a quanto già previsto dal Regolamento Delegato, chiarendo che il calcolo delle soglie di rilevanza deve avvenire sempre facendo riferimento all’esposizione complessiva, ovvero a livello consolidato di gruppo bancario, e non a livello individuale di società membra. La classificazione di un debitore a default in tal modo determinata si rifletterà sula classificazione a livello individuale.
In aggiunta, viene precisato che le esposizioni connesse con l’erogazione di servizi di tesoreria (i.e. anticipazioni e delegazioni di pagamento) rientrano parimenti tra le esposizioni che determinano le soglie di rilevanza.
Infine, un punto rilevante riguarda eventuali spese di natura non finanziaria (e.g. spese condominiali, bolli, multe) correlate ad un contratto di leasing finanziario che abbia ad oggetto un immobile.
Secondo Banca d’Italia, ai sensi della Circolare n. 262 “Il bilancio bancario: schemi e regole di compilazione”, tali oneri di natura “accessoria” non devono essere calcolati come parte dell’obbligazione creditizia in arretrato qualora non rientrino nel credito per leasing e qualora siano classificate nella voce “altre attività” all’interno del bilancio. Di conseguenza, in tali circostanze, tali tipologie di spese non rientrano nel processo di quantificazione dell’esposizione verso il locatario e all’interno della sfera del default.
Il ritorno ad uno stato di non-default per le esposizioni oggetto di concessioni deteriorate.
Per quanto concerne il secondo aspetto, ossia il ritorno ad uno stato di non-default di esposizioni oggetto di concessioni deteriorate (cd. “non performing exposures with forbearance measures”), via Nazionale chiarisce che questo genere di esposizione deve essere classificata come oggetto di ristrutturazione onerosa ai sensi del par. 54 delle linee guida dell’EBA.
In tal modo, un credito oggetto di concessione deteriorata rientra nell’ambito di applicazione del solo par. 72 e richiede, dunque, il soddisfacimento del requisito di un “cure period” di almeno un anno per poter essere ri-classificato come esposizione in stato di non-default.
A tal proposito, la Banca d’Italia chiarisce, in maniera puntuale, che “le condizioni per la riclassificazione a uno stato di non default definite dai parr. 71 e 72 devono intendersi come alternative”, escludendo dunque l’applicazione delle disposizioni normative di cui al par. 71 per questa tipologia di esposizioni, ovvero l’applicazione del requisito di un cure period di almeno tre mesi come avverrebbe, al contrario, per la generalità delle esposizioni.
Il ritorno ad uno stato di non-default in caso di limitato ritardo nei pagamenti durante il periodo di prova del debitore.
Infine, altro punto di rilievo chiarito da via Nazionale risiede relativamente all’eventualità in cui un debitore registri un limitato ritardo nei pagamenti durante il periodo di prova. Banca d’Italia precisa che saranno i responsabili aziendali a valutare il comportamento del debitore ai sensi del par. 71 lettere b) – d) delle Linee Guida EBA, attenendosi ai principi di una sana e prudente gestione.
In particolare, nel periodo rilevante di tre mesi stabilito dal par. 71 lettera a) come durata condizionata di periodo di prova per le esposizioni deteriorate, la valutazione dovrà tener conto del comportamento del debitore (ai sensi del par. 71 lettera b)) e della rispettiva situazione finanziaria (ai sensi del par. 71 lettera c)).
Una volta terminato tale periodo di prova, sarà necessario che la banca effettui una stima (ai sensi del par. 71 lettera d)) della qualità del proprio credito, ossia delle probabilità future che il debitore riuscirà ad adempiere regolarmente alle proprie impegnative finanziarie di pagamento senza dover ricorrere alla liquidazione dell’asset. Infine, ai sensi del par. 71 lettera e), le condizioni di cui alle lettere a) – d) dovranno essere perseguite anche nel caso di esposizioni sorte successivamente a quelle in stato di default, soprattutto nel caso in cui le precedenti esposizioni debitorie sulle quali gravava lo stato di default sono state vendute o cancellate.
Banca d’Italia chiarisce, inoltre, che l’individuazione a priori di solo un criterio oggettivo, quale ad esempio un numero fisso di giorni di ritardo nei pagamenti, non può costituire indicazione appropriata ai fini del ripristino in bonis di una singola esposizione o di un debitore.
Domenico Viola (Junior Consultant di CA Advisory)